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la Festa degli inquieti (pensando al futuro)
Premiato Renato Zero: «Sono il re degli agitati»
«Il futuro non è più quello di una volta. Una volta il futuro era migliore». Da Paul Valéry in avanti queste parole hanno macerato il cuore e la mente degli inquieti. E quest’anno diventano il filo che annoda la grande Festa dell’inquietudine che da oggi a domenica invaderà la tranquilla cittadina di Finale Ligure e il più ancor tranquillo complesso monumentale di Santa Caterina nell’antica frazione di Finalborgo. Una trentina di eventi in cui compare sempre la parola «Futuro»: mostre, concorsi fotografici, progetti etichettati come «Inquieta-mente», dibattiti, convegni, viaggi nell’avvenire ma anche nel passato e, per spezzare il ritmo, ci sono pure gli aperitivi-psicologici. Regista di tutto questo delirio è Elio Ferraris, che del Circolo degli inquieti è il fondatore-presidente: un passato a Sociologia (Trento, naturalmente) e nel comitato centrale del Pci, un presente da cane sciolto dell’Inquietudine, un po’ sognatore, insoddisfatto del vuoto attuale, bisognoso di un pizzico d’irrazionalità. Come tutte le grandi feste che si rispettino, anche questa di Finale avrà un premiato: il cantante, anzi «cantattore», Renato Zero. La motivazione, come tutte le motivazioni ufficiali, non spiega granché: «Inquietamente protagonista nel panorama musicale italiano». Una traccia si trova nei versi di una sua canzone, «Non si fa giorno mai», in cui dice: «Qui dove sto si vede il mare, conosco ormai i misteri suoi, lui come me calmo e inquieto…». Senta signor Renato Zero, ma perché se lo merita questo riconoscimento e perché è giusto considerarla un simbolo per tutti gli inquieti? «Diciamo che l’inquietudine è una scienza esatta – risponde orgoglioso -. Un segnale netto, inequivocabile di uno stato d’animo perturbabile. Le ragioni di questa condizione dipendono sicuramente da un bisogno di espansione. Di muoversi costantemente, lanciando e raccogliendo sollecitazioni, al fine di rendere l’esistenza meno prevedibile e piatta. Non si placa con le caramelle. Con le coccole, con le adulazioni o peggio: con una scarica di bromuro. L’inquietudine oggi finalmente viene premiata! Una giornata di noi inquieti (incognite comprese) equivale almeno alle dieci interminabili dei parsimoniosi. Quindi applauditemi perché gli agitati di oggi, che lo vogliate o no, sono un popolo che… io modestamente rappresento». Altre due star dell’happening saranno Ilaria Capua (da Newcastle e Venezia coordina scienziati di tutto il mondo che combattono le influenze cattive come l’aviaria e la suina) e il giornalista, storico e presidente di Rcs libri Paolo Mieli. Tema impegnativo per il loro colloquio: «Un nuovo modo di pensare il mondo». Per adesso sappiamo da dove partiranno: «Tsunami ambientali, politici, sociali; nuove malattie, rischi di pandemie, migrazioni sud-nord; innovazioni tecnologiche e scoperte scientifiche sconvolgenti; crisi energetiche e crisi dell’ideologia della crescita. Tutto questo indica che non è più possibile affrontare in modo disgiunto la salute dell’ambiente da quella degli animali e dell’uomo e che devono mutare le categorie di interpretazione del mondo. È arrivato al termine il principio dell’edonismo infinito? Inizia un nuovo modo di pensare il mondo fondato sul principio di interdipendenza e di responsabilità?». Ma i futuri sono tanti; c’è anche quello che insegue (e spiegherà) Giulio Sandini, il bioingegnere papà del robot «iCub», l’umanoide capace di apprendere che potrebbe diventare un sereno compagno di viaggio nel tempo che non ha ancora avuto luogo, quel domani in cui la scienza non ci farà più paura. Come non ci farà più paura la fine del mondo annunciata da chi teme l’intelligenza artificiale o le previsioni dei Maya o le profezie di Nostradamus. A smascherare un’angoscia irrazionale ci penserà Massimo Polidori che, con Piero Angela, ha fondato il Comitato per il controllo delle affermazioni sul paranormale. E le donne? Le donne in quale futuro? Eccolo disegnato e discusso da quattro donne del presente: Ilaria Capua, Emanuela Martini (sociologia e cinema), Chiara Montanari (ingegnere, missioni scientifiche in Antartide), Valeria Palumbo (giornalista e scrittrice). Entro il 2030 le donne saranno la maggioranza dei manager. Sono in arrivo le «Alpha Girls», versione al femminile di una teoria etologica sui maschi-alfa lupi (dominanti) e di una biologica sui maschi-alfa umani (dominanti, ma ancora per poco). Competizione e carriera non sono incompatibili con il dna femminile: il sorpasso è probabile. Anche perché, come diceva Simone de Beauvoir «donne non si nasce, si diventa» e – ormai è dimostrato – a scuola le ragazze capiscono e imparano di più e più in fretta dei ragazzi. Se poi qualcuno è interessato alle donne del passato che raccontavano e continuano a raccontare il futuro, ecco nelle fotografie giganti dei «Tarots», gli Arcani maggiori del Tarocco marsigliese, i simboli rigorosamente femminili reinventati da Alessio Delfino che, a saperli leggere, aprono scenari esoterici su un più o meno inquietante futuro.
Dietro le quinte della Festa ci sono anche due politici-amministratori. Il sindaco pdl di Finale, Flaminio Richeri, che ha saltato steccati e pregiudizi ideologici «perché la cultura e l’inquietudine non sopportano confini» e l’assessore alla cultura Nicola Viassolo (An e ora Fli) figlio delle virtù e dei vizi della beat generation, così inquieto (non soltanto per la retrocessione in serie B della sua amata Sampdoria) che, se fosse per lui, inviterebbe pure Fidel Castro.

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