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Martin Winterkorn ammette che Volkswagen ha frodato sui test antinquinamento negli Usa: in un comunicato diffuso domenica, l’amministratore delegato del gruppo Volkswagen afferma che “le autorità hanno accertato delle manipolazioni da parte di Vw dei test sulle auto con motori diesel”. Un portavoce dell’azienda ha confermato a “Die Welt” che Vw ha ammesso le manipolazioni. “Il board della Volkswagen – prosegue Winterkorn nella nota – prende molto sul serio le violazioni accertate. Io sono personalmente profondamente dispiaciuto che abbiamo deluso la fiducia dei nostri clienti e del pubblico”. Il manager assicura che Vw “collabora con le autorità per chiarire la cosa completamente e il più presto possibile”. Vw ha anche affidato a una società esterna l’incarico di condurre un’inchiesta sul caso, e ha sospeso con effetto immediato la vendita dei modelli equipaggiati con il motore diesel 2 litri “incriminato”, che negli Usa sono Golf, Jetta, Passat, Maggiolino e Audi A3.
Visti i precedenti della concorrenza, è possibile che lo stesso manager (o qualcuno dei suoi sottoposti) sia costretto a chiedere scusa in pubblico di fronte al Congresso, come era accaduto a Mary Barra di Gm e Akio Toyoda della Toyota. La prima per il caso dei blocchetti di accensione difettosi, per il quale Gm è stata colpita di recente dal dipartimento della Giustizia con una multa da 900 milioni di dollari; Toyoda cinque anni fa, per lo scandalo dei veicoli che acceleravano improvvisamente senza che il conducente potesse frenarli.
Il caso Vw è scoppiato quando l’Epa, l’ente americano per la protezione dell’ambiente, ha scoperto che le vetture Volkswagen e Audi con motore diesel 2 litri (lo stesso che equipaggia moltissime auto del gruppo Vw vendute in Europa) emettono molti più ossidi di azoto in condizioni normali che non durante i test specifici. Dopo lunghe ricerche ed esperimenti, ha scoperto che responsabile è un software – installato appositamente nella centralina motore – che riconosce le condizioni di test e attiva solo in quel caso i dispositivi più efficienti contro le emissioni; questi ultimi sono invece disattivati durante la guida normale, e il motore produce quindi da 10 a 40 volte la quantità di ossidi di azoto dichiarata in base ai test. Volkswagen ha ammesso che i veicoli contenevano effettivamente il software incriminato.
Perché lo avrebbe fatto? Secondo gli esperti, i dspositivi che limitano le emissioni di azoto fanno consumare di più il motore, e quindi emettere più CO2; potrebbero inoltre limitarne le prestazioni, in particolare la coppia motrice che è uno dei punti di forza dei motori diesel rispetto a quelli a benzina. A questo punto lo scarso successo del motore diesel negli Usa, motore di cui le case tedesche e soprattutto Volkswagen si sono fatte paladine, è destinato a subire un duro colpo. Gli americani, come del resto i giapponesi, sono convinti da sempre che il diesel sia un motore intrinsecamente sporco e inadatto alle autovetture; il caso Vw non farà che rinconfermare questa loro opinione.
In base alla normativa dell’Epa, Vw rischia una multa complessiva colossale: fino a 18 miliardi di dollari; secondo un report diffuso ieri dalla Alliance Bernstein, la sanzione difficilmente arriverà al massimo previsto, anche perché potrebbe essere commisurata alle dimensioni della sola Vw negli Stati Uniti e non del gruppo nel suo insieme. Da un lato, il caso Volkswagen è grave poiché è accertata (e ammessa dall’azienda) la volontà di frodare i test; dall’altro, non vi sono prove di decessi dovuti all’eventuale inquinamento da ossidi azoto maggiore di quanto dichiarato. La sola multa potrebbe però facilmente superare gli 1,2 miliardi di dollari cha la Toyota pagò nel 2010; senza contare il costo dei richiami, i danni di immagine e le eventuali conseguenze penali. La stima del mercato sulle conseguenze finanziarie dello scandalo su Vw si potrà vedere oggi alla riapertura del titolo in Borsa.

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