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Non più soltanto CSR, ma CSV. Le aziende danno lustro alla propria immagine non soltanto impegnandosi a fare del bene, ma cercando di promuovere uno sviluppo concreto sia dal punto di vista sociale che economico con particolare riferimento alle aree del mondo considerate in maggiore difficoltà, Si parla così della creazione di valore condiviso, o CSV (Creating Social Value).
Nestlé Waters ha realmente deciso di impegnarsi in tal senso? Se lo è domandato Aman Singh, esperta di CSR, che ha deciso di interrogare in proposito Heidi Paul, vicepresidente esecutivo di Nestlé Waters America Corporate Affairs. Nestlé Waters North America (NWNA) ha di recente annunciato i propri impegni relativi alla riduzione del proprio impatto ambientale.

In particolare, la multinazionale dell’acqua in bottiglia si è posta l’obiettivo di un futuro”Zero-Waste”, dunque di una riduzione totale degli sprechi e dei rifiuti, oltre che di proseguire nella massima efficienza per quanto riguarda l’impiego dell’acqua nel settore delle industrie delle bevande.
Heidi Paul ha definito la creazione di valore condiviso come una strategia aziendale che può sostituire la semplice CSR e che può permettere di raggiungere la sostenibilità su 3 fronti in contemporanea, cioè dal punto di vista ambientale, finanziario e economico. L’impegno è indirizzato alle aree in cui Nestlé può creare un impatto maggiore.
A parere di Heidi Paul, la strategia CSV ha garantito risultati positivi per l’azienda, a partire dal coinvolgimento e dal supporto di dipendenti, aziende partner e filiera produttiva. Il concetto di valore condiviso sembra però stridere con l’operato di Nestlé che, imbottigliando l’acqua potabile, un bene comune legato ad un diritto che dovrebbe essere inalienabile, produce un risultato altamente insostenibile: l’accumulo di bottiglie di plastica nelle discariche e la sottrazione di risorse idriche dai Paesi in via di sviluppo.
Heidi Paul sottolinea dunque che la risposta alla questione risiede nelle abitudini dei consumatori statunitensi. Gli americani bevono abitualmente bibite confezionate. Nel caso in cui non avessero accesso all’acqua in bottiglia, acquisterebbero comunque una bevanda confezionata alternativa, gassata e zuccherata, dall’impatto ambientale, a suo parere, ancora più elevato.
Ecco dunque il valore condiviso che Nestlé Waters attribuisce a se stessa per quanto riguarda gli Stati Uniti: promuovere il consumo di acqua in alternativa alle bibite gassate e zuccherate, inteso come un’abitudine più salutare. Non bisogna dimenticare però che la stessa Nestlé, (attraverso i marchi che fanno capo all’azienda, come San Pellegrino) oltre che della produzione di acqua in bottiglia, si occupa dell’immissione sul mercato proprio delle bibite gassate di cui al punto precedente.
E’ dunque impossibile non notare una contraddizione. Resta in discussione il fatto che Nestlé Waters North America possa essere considerata un modello di business sostenibile, nonostante l’impegno dichiarato per la creazione di valore condiviso. Affermare che, se non avessero a disposizione dell’acqua a marchio Nestlé, i consumatori sceglierebbero comunque acqua o bibite in bottiglia provenienti da altre aziende, non è sufficiente a giustificare il proprio operato. Promuovere il semplice consumo di acqua in sostituzione delle bibite gassate risulta, infine, una motivazione piuttosto debole rispetto alla creazione di un valore condiviso realmente efficace ed in grado di rendere l’azienda realmente sostenibile, soprattutto dal punto di vista sociale e ambientale.

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