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Turni di lavoro massacranti, salari da fame, dormitori senza acqua corrente. Tanti gli abusi, dal lavoro minorile alle condizioni insicure, che vanno in scena nelle fabbriche cinesi in cui vengono prodotti e assemblati i gioielli della Apple.
Ora, però, la Mela di Cupertino ha ceduto e ha annunciato che la Fair Labour associaton, organizzazione no-profit che si propone di far rispettare le norme internazionali sul lavoro, condurrà delle ispezioni nelle ditte di assemblaggio asiatiche.
Se nel non lontano 2010 decine di lavoratori della Foxconn, la fabbrica cinese che lavora per la Apple, si sono suicidati gettandosi dall’ultimo piano dello stabilimento di Shenzen, nel 2012 la Apple diventa, invece, la prima azienda tecnologica ad unirsi alla Fla. E ora i risultati delle ispezioni, che sono partite lo scorso 13 febbraio proprio dalla Foxconn di Shenzhen,  verranno resi pubblici a marzo, spiega l’associazione in un comunicato.
Ma queste ispezioni aiuteranno davvero i lavoratori cinesi? Se l’è chiesto il giornale Good, che ha intervistato Dan Viederman, l’amministratore delegato di Verité, una ONG che si occupa di diritti del lavoro. “La FLA come istituzione è governata da una combinazione di aziende, ONG e università, così da questo punto di vista, è molto più credibile di un’istituzione fatta solo da imprese”, spiega Viederman. Il più grande fattore di distinzione per la credibilità della valutazione è la qualità delle informazioni che verranno raccolte direttamente dai lavoratori, che dovranno sentirsi sicuri nel rivelare le condizioni in cui stanno lavorando o le violazioni della sicurezza.
La valutazione, poi, non è che la prima parte, “una prima risposta per chiarire cosa sta succedendo. Ciò che conta davvero è il beneficio che ne traggano i lavoratori dopo che la valutazione è stata completata”, dice Viederman. Insomma, l’indagine e le sue valutazioni sono solo il primo risultato. È successivamente che bisogna intraprendere le modifiche di un intero sistema.

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