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Stando a rapporti ottenuti da Motherboard, la divisione di intelligence dell’azienda segue molto da vicino i dipendenti impegnati in cause ambientali o sindacali: è una violazione dei diritti dei lavoratori?

I lavoratori di Amazon iscritti ai sindacati, a Fridays for Future o ad altri movimenti organizzati vengono ossessivamente monitorati da Amazon perché ritenuti pericolosi per l’integrità e l’efficienza dell’azienda. Stando infatti a centinaia di rapporti ottenuti da Motherboard, ma non ancora diffusi, gli analisti del Global Security Operations Centre – la divisione dell’azienda incaricata di proteggere dipendenti, fornitori e risorse – hanno monitorato per anni la vita privata di centinaia di migliaia di dipendenti perché ritenuti una minaccia. 

Le email interne hanno rivelato come tutti i membri della divisione di intelligence di Amazon ricevono aggiornamenti continui sulle attività di organizzazione dei lavoratori nei magazzini. Utilizzando i social network l’azienda monitora i dipendenti che aderiscono ai movimenti ambientalisti in Europa perché percepisce questi gruppi come una minaccia alle sue operazioni. Gli analisti infatti prendono nota della data, dell’ora, del luogo esatto, del numero di partecipanti a un evento e in alcuni casi anche del tasso di affluenza previsto per un determinato evento organizzato dai lavoratori dell’azienda, come, ad esempio, uno sciopero o la distribuzione di volantini. 

In generale i documenti offrono uno punto di vista privilegiato sull’apparato di sorveglianza interno dell’azienda, che ha più volte cercato di reprimere il dissenso dei dipendenti cercando, ad esempio, di diffamare i lavoratori che cercavano di organizzarsi con i loro colleghi. Il tutto, come riporta Motherboard, sembra essere motivato col fine di prevenire eventuali interruzioni nelle consegna e nello smistamento degli ordini ricevuti dalla piattaforma. Come si legge nei documenti infatti l’azienda deve “evidenziare potenziali rischi e pericoli che possono influire sulle operazioni di Amazon, al fine di soddisfare le aspettative dei clienti”.https://imasdk.googleapis.com/js/core/bridge3.431.0_it.html#goog_1480612127https://imasdk.googleapis.com/js/core/bridge3.431.0_it.html#goog_1236638189

Secondo poi quanto emerge dai documenti l’azienda avrebbe ingaggiato l’agenzia investigativa Pinkerton, diventata famosa a cavallo tra l’Ottocento e Novecento in America perché forniva personale per infiltrarsi nelle organizzazioni sindacali e intimidire i lavoratori. Accuse negate da Amazon che ha risposto, così: “Abbiamo collaborazioni commerciali con aziende specializzate per i motivi più disparati, ma non utilizziamo i nostri partner per raccogliere informazioni sul personale. Tutte le attività che intraprendiamo sono pienamente in linea con le leggi locali sono condotte con il supporto delle autorità locali”

Fino a poco tempo fa si sapeva poco sulle strategie di Amazon per contrastare l’azione sindacale, nonostante ci fossero da anni rapporti che ne parlavano esplicitamente. Tuttavia sembra che l’argomento sia diventato più popolare, soprattutto quando dopo una protesta pubblica, l’azienda ha rimosso due offerte di lavoro per analisti dell’intelligence, il cui compiti era monitorare le “minacce sindacali”. 

Per quanto riguarda l’Italia invece, nei rapporti supervisionati da Motherboard e risalenti al 2019, si legge come due siti italiani, uno in costruzione alla periferia di Milano e uno in Sardegna – non viene specificato il nome – rappresentassero un rischio “moderato” per Amazon. Il rischio derivava dal semplice fatto che Cgil e Uiltrasporti avessero in precedenza già tenuto delle proteste in altri magazzini italiani. 

In risposta alle accuse, il portavoce di Amazon Lisa Levandowski ha dichiarato: “Come ogni altra azienda responsabile, manteniamo un livello di sicurezza all’interno delle nostre operazioni per aiutare a mantenere al sicuro i nostri dipendenti, edifici e inventario. Qualsiasi tentativo di sensazionalizzare queste attività o suggerire di fare qualcosa di insolito o sbagliato è irresponsabile e scorretto”.

Alla luce di quanto è emerso, Stefan Clauwaert, consulente legale per i diritti umani presso la Confederazioni europea dei sindacati, ha dichiarato che le attività di intelligence di Amazon potrebbero potenzialmente violare le convenzioni e gli standard del lavoro del Comitato europeo. In quanto garantisce ai lavoratori la libertà di associarsi ai sindacati, il diritto di organizzarsi e contrattare collettivamente per maggiori diritti. Inoltre potrebbero pure esserci problemi di privacy, dal momento che il Gdpr richiede alle aziende di divulgare quali dati personali raccoglie e perché. “Anche se possiamo avere l’impressione che tutto ciò che scriviamo su Amazon sia almeno salvato da qualche parte per la revisione, è importante che sappiate che venite esplicitamente osservati” si leggeva già a settembre in una mail trapelata da Amazon e in possesso di Motherboard

Già sotto i riflettori dell’antitrust europeo, a ottobre Amazon ha ricevuto una lettera aperta firmata dalla parlamentare europea Leila Chaibi e da altri 37 parlamentari, fra cui l’italiano Brando Benifei. Nella lettera si legge “l’esponenziale crescita dei profitti di Amazon dall’inizio della pandemia non lo esonera dal rispettare i fondamentali principi legali dei lavoratori”.

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