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Rimango sempre sorpreso quando i miei colleghi mi chiedono perché uso Twitter. La vera domanda sarebbe: “perché voi non lo usate?”. Parola di Tom Fletcher, ambasciatore britannico in Libano, che in una recente conferenza a Beirut ha sottolineato l’inedito, e per certi versi singolare, rapporto tra la diplomazia e i social media e ha esortato i colleghi a vedere il proprio lavoro alla luce delle nuove tecnologie digitali: “la migliore espressione della diplomazia è sempre stata un binomio tra interpretare il mondo e cercare di definirne le sorti. I diplomatici che svolgono solo la prima attività dovrebbero lavorare nelle accademie. Quelli che si dedicano solo alla seconda dovrebbero stare solo in politica. Quelli che fanno entrambe dovrebbero essere su Twitter”. Tom Fletcher, insieme a numerosi diplomatici di tutto il mondo  sta cavalcando con impeto l’onda digitale che ha investito una delle professioni più antiche e meno permeabile ai cambiamenti. Se nella diplomazia tradizionale ambasciatori avevano il principale compito di mantenere i legami con i governi dei Paesi ospitanti, oggi questo rapporto bi-direzionale si è tramutato in una sfera più ambia e articolata di relazioni che coinvolge molteplici attori. “Gli Stati sono ancora importanti, ma il palcoscenico è sempre più affollato… Così lo studioso Joseph Nye, il padre del concetto di “Soft Power” in politica estera, ha sintetizzato questo nuovo ecosistema in cui i diplomatici sono chiamati a inserirsi per monitorare l’opinione pubblica e diffondere i messaggi ai diversi pubblici di riferimento cercando di estendere la sfera di influenza e di promuovere la reputazione e gli interessi del proprio Paese. Usando i mezzi più efficaci a loro disposizione compresi i social media. Il Presidente del Consiglio Europeo che Twitta durante le riunioni a porte chiuse, il Segretario Generali dell’Onu che dialoga con i cittadini cinesi su Sina Weibo, il rappresentante britannico presso la Santa Sede che racconta senza remore la sua attività su un blog, l’ambasciatore americano in Russi che si presenta con un video su YouTube. Sono alcuni esempi di questo rapporto tra due mondi all’apparenza così lontani: da una parte la diplomazia, paradigma di discrezione e riservatezza, e dall’altra parte il web, simbolo di apertura e partecipazione. La diplomazia digitale è un affascinante fenomeno di comunicazione che coinvolge sempre più nazioni e dà vita a una sorta di risiko online in cui lo scopo finale non è la conquista del territorio, ma dell’opinione pubblica internazionale. La conseguenza più evidente di questo fenomeno è inaspettata e quasi paradossale: i diplomatici sono attualmente i più all’avanguardia in tutto l’arco istituzionale nell’uso dei social media. Negli ultimi mesi anche il nostro Ministero degli Esteri ha cominciato a muoversi con dinamismo in questo nuovo terreno digitale che lascia ancora disorientate molte feluche abitate a tessere relazioni dietro le quinte dei palazzi e non tramite tweet da 140 caratteri. Dopo il deciso impulso dato dal ministro Giulio Terzi affiancato da un Consigliere la Digital Strategy, la Farnesina ha avviato un percorso che ha un obbiettivo ambizioso: portare la rivoluzione digitale nel cuore del ministero. Le tappe di questo percorso cominciano già a intravederci con chiarezza: il profilo Twitter del ministro in poco tempo ha raggiunto quasi 25.000 follower; Terzi è l’unico della compagine governativa ad avere una pagina su FaceBook, che in poco tempo è diventata un interessante spazio di dialogo con i cittadini (quasi 300.000 interazioni a settimana); lo studio dell’Agence France Presse sulla e-diplomacy ha inserito il capo della nostra diplomazia nella top ten degli influencer italiani; l’ufficio stampa ha creato un nuovo account Twitter@farnesinapress, che diffonde notizie direttamente ai giornalisti e ai cittadini; il sito web del Ministero ha ora una nuova veste e prevede anche l’uso di strumenti di storyelling multimediale: l’organizzazione da parte della Farnesina di due conferenze sulla “Twiplomacy” a Torino e Washington ha posto in primo piano il dibattito sulla diplomazia digitale; l’ambasciata italiana negli Usa ha da poco inaugurato la piattaforma online “Social Media Hub”, che può diventare un modello anche per altre missioni; l’Istituto Diplomatico infine, sta dedicando una crescente attenzione alla formazione tecnologica dei funzionari. Il prossimo tassello sarà l’ufficializzazione del nuovo Maecom, il piano di comunicazione della Farnesina per il 2013, attualmente in valutazione alla Presidenza del Consiglio. Il documento dedica ampio spazio alla comunicazione online, ponendo l’accento sulla necessità di comunicazione in modo non convenzionale e più informale, di stabilire un vero dialogo online con gli utenti e di snellire la catena di comando. Il Maecom rappresenta un punto di partenza fondamentale per l’innovazione della diplomazia italiana. Innanzitutto politico dell’importanza dei nuovi strumenti digitali e in secondo luogo perché offre un quadro strategico di riferimento che finora mancava, all’interno del quale si potranno sviluppare le future iniziative di comunicazione online per promuovere l’immagine e gli interessi del nostro Paese all’estero.

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