image_pdfVersione PDFimage_printStampa

Era il 2006 quando per la prima volta, sulla rivista Wired, compariva il termine ‘crowdsourcing’. Nell’articolo “The rise of crowdsourcing”, infatti, Jeff Howe coniava questo neologismo dall’unione di: crowd (folla) e source (fonte). La folla si converte in fonte grazie alle tecnologie digitali, che agevolano un nuovo modo di lavorare e tendono a modificare i comportamenti in direzione di modelli d’interazione sempre più dinamici e flessibili, che giungono poi alla risoluzione di problemi e alla generazione di nuovi business.In un’ottica di business, il crowdsourcing si pone come metodologia di collaborazione vincente con la quale le imprese chiedono un contributo attivo agli utenti, che si aggregano attorno a una piattaforma web, lo sviluppo di un progetto o più semplicemente un’idea.Fondamentali in questo caso gli user generated content, i contenuti generati dagli utenti: il contributo attivo è proprio quello delle persone che decidono di partecipare attivamente.Il ’prosumer’ è sempre più presente, la cooperazione creativa tra cliente-consumatore e azienda si basa su un nuovo pensiero di collaborazione e condivisione dei propri saperi con un click. Tra i primi lungimiranti esempi di crowdsourcing si può citare Wikipedia: ogni singolo utente, possedendo una conoscenza unica e personale, crea un piccolo tassello di un’opera complessiva, per esempio scrivendo parte di una voce ‘wiki’.Nel 2011, secondo il rapporto SMI-Wizness Sustainability Index Social Media, questa forma di collaborazione è in crescita in ambito aziendale per trovare le migliori idee utili ad affrontare temi sostenibili e piattaforme social per comunicare le iniziative di sostenibilità.Multimedialità e interattività sono infatti condizioni che guidano le aziende verso una crescita sostenibile e un numero sempre maggiore di imprese sta sfruttando il potere dell’intelligenza collettiva per raggiungere obiettivi di sviluppo sostenibile.Questo trend è visibile nelle start up, nelle imprese di recente costituzione e nei ‘vecchi giganti’ che si stanno aprendo a queste filosofie, comprendendo come queste rappresentino un’occasione per aumentare il proprio valore e condividerlo con gli stakeholder e la società in genere.Per esempio, Pepsi ha sfruttato le potenzialità dell’Open Innovation per realizzare progetti sul territorio. Per ‘Migliora il tuo mondo’, il brand ha chiesto ai giovani italiani di proporre idee per rendere il mondo un posto migliore; le proposte più interessanti sono state finanziate e trasformate in progetti concreti. Questa iniziativa non solo esprime in maniera semplice ed efficace i paradigmi del crowdsourcing, ma soprattutto premia la fiducia e la creatività dei giovani italiani.Unilever invece per la prima volta ha condiviso i propri progetti di ricerca e sviluppo in modo pubblico con un open forum e con un nuovo modello di sviluppo strategico delle informazioni per sensibilizzare sull’adozione di soluzioni sostenibili.Unilever è convinta che, per il raggiungimento del traguardo prefissato con il Sustainable Living Plan (dimezzare entro il 2020 l’impronta ambientale dell’azienda) sia necessario collaborare con tutti gli stakeholder. Per questo scopo ha lanciato Open Innovation Submission Portal, per sviluppare nuove idee e tecnologie di prodotto. La piattaforma è aperta a tutti coloro che vogliano proporre un’innovazione che possa contribuire alla strategia di crescita sostenibile dalla multinazionale anglo-olandese. Più di 2 miliardi di persone nel mondo utilizzano ogni giorno un prodotto Unilever, questo significa che migliorare i prodotti fa una differenza in positivo per la vita di milioni di persone. Ma l’idea davvero innovativa di Unilever è stata l’Unilever Sustainable Living Lab: un laboratorio pensato per l’approfondimento e lo scambio di idee sui temi chiave per lo sviluppo della sostenibilità in azienda. Vi hanno partecipato 2.200 leader ed esperti di sostenibilità facenti parte del settore distributivo, produttivo, istituzionale, accademico e mediatico, provenienti da 77 nazioni in tutto il mondo, che si sono riuniti intorno a un tavolo virtuale per creare insieme idee all’avanguardia e innovative, condividere buone prassi con l’obiettivo di aiutare sia l’azienda che gli altri partecipanti al Lab a trovare soluzioni alle loro sfide di sostenibilità.La collaborazione di molte menti diverse è il punto di forza dei metodi progettuali crowd: la casualità delle relazioni e il valore della differenza sono le risorse su cui puntare per un concreto avviamento verso una sostenibilità economica, sociale e ambientale.Inoltre, grazie alla combinazione di una serie sempre più ampia di informazioni e alla loro diffusione capillare attraverso i mezzi digitali, si raggiunge una maggiore trasparenza tra gli attori in campo, suscitando una maggiore responsabilità da parte delle imprese che si pongono all’ascolto della vastissima community online.

image_pdfVersione PDFimage_printStampa