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Strategie. Dall’identità di marca alla pack experience: ecco come l’«abito» dei prodotti parla dei brand
L’abito non fa il monaco, ma il packaging fa il prodotto. Gli esperti di marketing lo chiamano «Packaging Design» e con questa definizione fanno riferimento a un utilizzo strategico del packaging, da parte delle imprese che realizzano e commercializzano determinati prodotti, come strumento di marketing e comunicazione integrato alle azioni di brand identity. «È la quinta leva del marketing mix –, conferma Edoardo Sabbadin, docente di Economia delle imprese e Branding all’Università di Parma –. L’involucro di un prodotto è il primo elemento di contatto con i consumatori quando entrano in un negozio o fanno acquisti online». È uno strumento chiave di differenziazione tra milioni di prodotti, capace di comunicare in modo immediato il posizionamento all’interno di una determinata categoria merceologica.
Oggi più che in passato, soprattutto nel mondo del largo consumo, quel segmento del mercato in cui fattori come prezzo, origine, trasparenza, qualità, eticità o sostenibilità di un prodotto fanno la differenza. Soprattutto tra i Millennials, la chimera a cui tutte le aziende e i retailer oggi guardano, orientando di conseguenza le proprie scelte. I giovani stanno reinventando l’atteggiamento nei confronti del packaging, spiega Paolo Iabichino, esperto di marketing ed executive creative director di Ogilvy. Innanzitutto con il fenomeno dilagante dell’«unboxing», il disimballaggio dei pacchi, in genere ordinati su Internet, ripreso da video e diffuso attraverso i social. «Le aziende sono sempre più attente a fenomeni di questo genere e quindi a creare “pack experience” che siano oggetto sociale e di condivisione», osserva Iabichino. Un altro aspetto a cui sono sensibili i Millennials, e dunque le imprese, è quello della sostenibilità etica e ambientale. Tema connesso a quello delle nuove tecnologie, che offrono spunti creativi e soluzioni produttive fino a pochi anni fa impensabili o troppo costosi.
Le stampanti digitali, ad esempio, permettono oggi di realizzare milioni di scatole, imballaggi o etichette differenti gli uni dagli altri, ottenendo quella massima personalizzazione o customizzazione del packaging che rende unico l’acquisto, rispondendo così, aggiunge Iabichino, a una delle più importanti istanze dei consumatori. «È come se le scatole sugli scaffali dei negozi diventassero dei piccoli televisori, ciascuno capace di raccontare una piccola storia differente», dice il creativo, ricordando un progetto seguito un paio di anni fa dalla sua stessa agenzia, per realizzare 7 milioni di vasetti di Nutella tutti diversi uno dall’altro.
Tra le imprese dell’hi-tech che si stanno attrezzando in questo senso c’è la statunitense Hewlett-Packard. In italia, la Ghelfi Ondulati di Sondrio ha creato una divisione ad hoc, una sorta di start up interna in cui un gruppo di giovani sta studiando modelli innovativi di scatole e packaging. La stessa Ghelfi è protagonista di un progetto che riflette un’altra tendenza con cui devono confrontarsi i packaging designer: la trasparenza. I consumatori chiedono sempre più informazioni sui prodotti e le nuove tecnologie permettono di rispondere a questa istanza coniugandola con funzionalità ed estetica dell’etichetta. Per il Consorzio della ciliegia di Vignola, Ghelfi ha realizzato scatole di cartone dotate di un QR Code, che permettono di tracciare l’intera storia dei frutti.
Le imprese dell’agroalimentare, della cosmesi e più in generale dei prodotti per la cura della persona e della casa, sono quelle più interessate al tema del packaging design e quelle che, perciò, investono di più in questo segmento del marketing. La ragione è evidente, osserva Valeria Bucchetti, docente di Design della comunicazione al Politecnico di Milano: «Il packaging è centrale nella progettazione complessiva dell’immagine di un’azienda – spiega – soprattutto per quei prodotti che senza imballaggio non avrebbero identità, come creme o liquidi, o che hanno bisogno di un contenitore per garantirne la conservazione, la protezione o l’erogazione».
Chi oggi sta investendo molto di più sul packaging design, rispetto al passato, sono le aziende della grande distribuzione organizzata, osserva Fabio Bignardi, direttore dello studio Doc Design. «Le grandi catene hanno capito che devono differenziare riposizionare le linee a marchio proprio, per offrire ai consumatori la stessa segmentazione che da sempre propone l’industria di marca», dice Bignardi. Quindi distinguere, anche visivamente, le linee premium da quelle tradizionali, quelle bio, quelle gourmet ecc. Inoltre, il linguaggio è cambiato, per la marca industriale come per quella commerciale: «La tendenza è parlare di filosofia – osserva Bignardi–. Il packaging deve comunicare non solo le qualità intrinseche del prodotto, ma anche la sua storia: da dove proviene, in quali condizioni lavorano le persone che lo producono, qual è il suo impatto sull’ambiente…».
 

LE STORIE

 

AGROALIMENTARE Le scatole parlanti

L’azienda di Sondrio Ghelfi Ondulati, che produce e trasforma cartone ondulato, ha realizzato per il Consorzio della ciliegia di Vignola un progetto di packaging “parlante”: grazie a una speciale stampante digitale, Ghelfi ha realizzato scatole di cartone dotate di un QR univoco che identifica ciascun contenitore e consente a ciascun produttore di ciliegie di caricare informazioni sull’origine della frutta, le caratteristiche di lavorazione e quelle organolettiche.
 

DISTRIBUZIONE MODERNA Luxury brand per Despar

Una linea di prodotti di lusso ispirata a uno dei supermercati più belli del Paese, il Teatro Italia di Venezia, da due anni sede di un punto vendita Despar. si chiama infatti proprio Despar Teatro Italia la nuova linea di prodotti appena lanciata da Aspiag Service, la concessionaria Despar per il Triveneto e l’Emilia Romagna. Un luxury brand che al momento comprende prodotti di pasticceria fine e due storici aperitivi (il Bellini e il Rossini) declinati in una bottiglia esclusiva.
 

COSMESI Filosofia sostenibile

Davines, azienda della cosmesi di Parma, ha stilato un insieme di principi guida finalizzati a ridurre al minimo l’impatto ambientale delle confezioni. I punti cardine sui quali si basa la messa a punto dei packaging Davines sono un uso minimo possibile di materia prima; l’impiego di materiale riciclabile; l’ottimizzazione della logistica e controlli qualità per evitare gli sprechi; compensazione delle emissioni derivate dalla produzione delle confezioni

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