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Le ricerche presentate alla Integrated Governance Conference di mercoledì 21 giugno evidenziano una diffusa consapevolezza sulla non financial. Ma anche una chiara sottovalutazione nei board. Sembra di rivedere l’avvio della legge 231

Csr, tutti la praticano, in pochi la prendono sul serio. È un vecchio leitmotiv che accompagna l’industria italiana (si pensi ai vecchi, cari, distretti), quello dell’adozione di tecniche di gestione all’avanguardia, senza la consapevolezza manageriale o regolamentare che, in linea teorica, avrebbe dovuto accompagnarle. Sembra che lo stesso schema self-made si stia rivelando per la corporate social responsibility. Lo dimostra il percorso di adeguamento alla direttiva non financial, ovvero alla legge di recepimento (Decreto Legislativo 30 dicembre 2016, n. 254) che regola come le aziende devono monitorare e riportare i propri risultati in termini di fattori environmental, social e governance (Esg).

UN ADEGUAMENTO FAI-DA-TE

Le ricerche che saranno presentate mercoledì 21 giugno alla Integrated Governance Conference, infatti, evidenziano un vasto perimetro di conoscenza delle indicazioni della non financial. Ma, allo stesso tempo, continua a essere rimandata la piena consapevolezza del problema, ossia un suo esame da parte degli organi più elevati dell’azienda.
Nei fatti, le oltre 30 aziende che hanno risposto al questionario (sul campione delle prime 100 aziende per capitalizzazione) hanno risposto nel 94% dei casi di rientrare nell’ambito dell’applicazione della direttiva. Ergo, c’è coscienza della tematica. Anche perché la totalità di chi “rientra” ha dichiarato «di avere un team dedicato all’adeguamento alle nuove norme». Nella maggior parte dei casi si tratta della funzione sostenibilità o Csr, in alcuni casi di team interfunzionali istituiti ad hoc o di team aziendali che racchiudono già più funzioni. Ciò che, però, manca pericolosamente, è il coinvolgimento del vertice aziendale: solo il 50% delle aziende rientranti nella direttiva, infatti, ha dichiarato che la questione è stata esaminata a livello di board nel corso del 2016.
In sostanza, la metà delle aziende che, a partire dai prossimi mesi (si attende il regolamento Consob) sarà sottoposta a una delle più rivoluzionarie leggi in merito alla governance e alla sostenibilità, non ha esaminato l’evento nel proprio consiglio di amministrazione.
Lo stesso problema emerge dalla ricerca “incrociata” condotta da Nedcommunity e Methodos sui consiglieri indipendenti (ricerca che sarà anch’essa presentata mercoledì). Da un lato, l’82% dei membri di Nedcommunity che ha partecipato al sondaggio ritiene di essere consapevole «della rilevanza di tutte le forme di valore e quindi anche delle componenti Esg (environmental, social, governance)». Dall’altro, solo il 51% rivela che il cda di cui fa parte è stato informato dell’introduzione della direttiva non financial. Sul dato può pesare il fatto che il 42% degli intervistati è parte del board di una non quotata. Ma la percentuale è comunque rilevante, anche in relazione alla dichiarata consapevolezza verso l’importanza del tema.

L’ABITUDINE A SOTTOVALUTARE

Insomma, è vero quando spiega Assonime nella sua recente circolare in merito alla non financial(circolare che sarà approfondita da ET. nei prossimi giorni): «È ampiamente diffusa nel mondo delle imprese una significativa sensibilità per l’impatto che la propria attività può avere rispetto a una pluralità di categorie di stakeholder nonché dei vantaggi competitivi che una visione ampia della propria attività consente».
Ma, a questa sensibilità, si contrappone l’abitudine a non farne un aspetto istituzionale, ossia manca una risposta che riveda formalmente e sostanzialmente l’ossatura dell’azienda. Risposta che deve necessariamente essere oggetto dell’esame del consiglio di amministrazione.
Anche (e se non altro) perché tutto questo genera notevoli responsabilità amministrative e pecuniarie (sia per l’azienda sia per le persone).

IL DÉJÀ VU DELLA 231

Per questo, si parla già di simmetria tra la non financial e il decreto legislativo 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle aziende. Quest’ultima norma, che ha rivoluzionato l’ordinamento italiano, rendendo di fatto la responsabilità penale anche aziendale (e non più solo “personale”), ha dovuto attendere un decennio prima di essere presa sul serio. Ovvero, ha dovuto attendere le prime pesanti sentenze di Tribunale.
L’auspicio è che la non financial ci metta meno di un decennio. Ma, comunque, se la simmetria funziona, arriverà poi il momento in cui le responsabilità generate in capo all’azienda dai temi di corporate social responsibility, avranno definitivamente il rango primario di argomento centrale per i consigli di amministrazione.
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