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CSR di carta, appesa ai muri
Difficile immaginare Friedhelm Hutte – con quell’aspetto da persona pronta a lasciarsi sorprendere a ogni istante, la figura sempre imponente sempre all’erta, che pare registrare anche il più lieve spostamento d’aria – impegnato, e con entusiasmo, in una banca. E’ uno storico dell’arte, ha compiuto studi in comunicazione e letteratura, fatto esperienza nel mondo del giornalismo e della pubblicità. Ma non è qui per caso: dirige infatti la collezione d’arte della Deutsche Bank, a livello mondiale la più grande mai realizzata da una realtà imprenditoriale.”Sono stato chiamato a Francoforte nel 1986 perchè il consiglio di amministrazione della banca si era reso conto della necessità, per la collezione che allora incominciava a prendere forma, di una curatella professionale”.Pochi anni prima, tra il ’70 e l’80, con il consiglio dei direttori della Staatsgalerie di Stoccarda e dello Staedelmuseum di Francoforte, era stata definita una strategia precisa: “Kunst Arbeitsplatz” arte contemporanea nell’arte del lavoro, perchè venisse fruita dai dipendenti.  Un concetto che avrebbe da li in poi indirizzato la politica culturale della banca e sulla cui tenuta Hutte non da dubbi: “Con il tempo, semmai, si rafforza. Anche perchè in azienda l’età media è oggi più bassa e l’interesse per l’arte contemporanea in aumento; si è concentrata più sui talenti  emergenti, invece che sui grandi nomi, e sui lavori su carta, come acquarelli, disegni, collage, fotografie e così via. “Una scelta lungimirante. Tra l’altro perchè compatibile con l’architettura della banca, rispettosa della volontà di non fare concorrenza ai musei e funzionale all’attenzione per il processo creativo. E’ sulla carta, infatti, che si ferma per la prima volta un’idea, dove si può seguire l’origine di molte opere d’arte. Tutti, anche gli scultori o i land artisti, fanno disegni”. Gli unici veri vincoli della raccolta riguardano i soggetti erotici e le opere troppo delicate, per ovvie ragioni.Questi principi hanno permesso alla banca di costruire una collezione imponente, passata grazie a Hutte da tremila a 53mila opere, di altissimo livello.Dopo in bilancio sull’impatto di tanta profusione d’arte nell’ambiente di lavoro si può tentare. “Sarebbe ingenuo pensare che un bel disegno randa creativi – scherza Hutte -. I collaboratori della banca ne apprezzano il valore quando l’opera sparisce, magari in occasione di una mostra. L’arte genera innanzitutto identità. Più in generale, il senso della collezione risiede nella sua qualità e nel significato specifico dell’arte: che permette alle persone di partecipare ai processi sociali e creativi. In una banca che si occupa di numeri e strategie ma anche di persone, di sviluppo sociale, l’arte contemporanea consente di rafforzare questo legame. E’ un sismografo, è più avanti, sa cogliere i cambiamenti in atto ma non ancora presenti nel mainstream: di che cosa hanno bisogno le persone? Che cosa interessa loro? Dove sono i problemi? Di tutto questo ha bisogno in’impresa che non produca macchine o detersivi, ma che viva di idee.” C’è naturalmente anche un apporto estetico e un contributo in termini di collaborazione: delle opere si discute. Così le si impiega sui biglietti di auguri, sui calendari, sulle carte di credito. “Cerchiamo di sfruttare il valore estetico senza trascurare i contenuti. Ad esempio nel prossimo calendario tutte le opere riprodotte (tratte dalla collezione) hanno a che fare con il problema del cambiamento climatico”.Siamo una riserva straordinaria per i musei, e ambasciatori del valore dell’arte in Paesi che non sostengono la produzione contemporanea, come un tempo il Giappone e oggi l’Indonesia. Diamo il buon esempio: chiunque, anche una piccola impresa può dare il suo contributo. 

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