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Nel paese sudamericano incalza il dibattito tra sicurezza e privacy, mentre le gang di Rio de Janeiro usano sempre più spesso WhatsApp e Facebook per la gestione del territorio nel traffico di droga


In attesa di capire se il Parlamento procederà con la richiesta di impeachment, con l’economia in caduta libera e il virus Zika che imperversa, la Presidente del Brasile Dilma Rousseff ha deciso indirettamente di complicarsi ulteriormente la vita mettendosi contro anche Mark Zuckerberg, uno degli uomini più ricchi e influenti al mondo. Nel giro di 24 ore, la polizia brasiliana, su mandato della magistratura ha arrestato e scarcerato il vice-presidente di Facebook America Latina, l’argentino Diego Jorge Dzodan, accusato di non voler fornire agli investigatori gli archivi di una chat su WhatsApp di un gruppo di narcotrafficanti  coinvolto in un traffico di stupefacenti tra vari Stati del Paese.
(Foto: stadio24.com)
I precedenti
Non è la prima volta che Mr. Facebook incappa nella giustizia brasiliana. Lo scorso 16 dicembre WhatsApp era stata bloccata per 11 ore in tutto il Brasile dopo che Facebook si era rifiutata più volte di fornire alla magistratura i dati di alcuni individui considerati coinvolti in un cartello criminale.
E pensare che 11 mesi fa Zuckerberg e la Rousseff durante il settimo summit delle Americhe a Panama avevano raggiunto un accordo per portare il progetto Internet.org anche in Brasile, incominciando da Heliopolis, una favela di São Paulo. Una decisione che nel Paese sudamericano si sta rivelando un boomerang.
Narcotrafficanti social
Quella che negli ultimi mesi era stata considerata come una vittoria dell’integrazione digitale, permettendo a migliaia di persone disagiate che vivono nelle favelas di potersi connettere gratuitamente ad alcuni servizi in Rete, si è trasformata nell’ennesima guerra a è, questa volta per il controllo dell’informazione via WhatsApp. Uno strumento di comunicazione sempre più usato dalle fazioni opposte di narcotrafficanti che si contendono il territorio per il commercio della droga. Ne sono dimostrazione le recenti inchieste giudiziarie che hanno creato tensioni tra la magistratura brasiliana e l’azienda di Palo Alto.
Narcotrafficanti armati in una strada di una favelas di Rio de Janeiro (Foto: Eduardo Pininga)
Si minacciano a vicenda con messaggi audio, fanno trattative creando dei gruppi, si scambiano foto per ostentare il proprio potere. Fucili, pistole, collane d’oro, messaggi in codice. Negli ultimi mesi, per ridurre gli arresti tra le opposte fazioni, un gruppo della gang è incaricato di fermare la popolazione per strada e controllare le loro chat per verificare se si nasconde qualche “informatore”. Se beccato, viene torturato e ucciso.
Tuttavia l’eccessivo utilizzo dei social media da parte dei gruppi criminali ha aiutato le forze dell’ordine a localizzarli. Così è andata per Celso Pimenta, detto Playboy, leader degli Amigos dos Amigos, e uno dei più ricercati narcotrafficanti di Rio de Janeiro, ucciso durante uno scontro a fuoco con il Bope, dopo che i militari avevano intercettato una sua conversazione con una gang rivale in cui chiedeva una tregua armata.
Le forze speciali del Bope occupano la favela di Mare (Foto: BrasilPost.com.br)
Le sparatorie live sulle bacheche di Facebook
Se WhatsApp è diventata la nuova forma di comunicazione del narcotraffico a Rio, Facebook si è trasformato in un mezzo usato dalle inermi comunità locali che vivono all’interno delle favelas e vittime degli scontri a fuoco tra polizia e trafficanti. Negli ultimi mesi sono state create numerose pagine per comunicare in tempo reale le zone dove stanno avvenendo sparatorie. “Scontro a fuoco nella zona di Timbau, attenzione ad uscire di casa” recita un post sulla bacheca di Maré Vive, una pagina con 26mila Like creata da alcuni abitanti della favelas di Maré, una delle comunità con alta concentrazione di narcotrafficanti a Rio de Janeiro.
In attesa che il Brasile trovi “il giusto equilibrio tra sicurezza e privacy”, come ha commentato l’avvocato Ronaldo Lemos, direttore dell’Instituto de Tecnologia e Sociedade di Rio alla Bbc, nelle favelas della capitale fluminense, prossima ad ospitare le Olimpiadi si è aperto un altro fronte: il controllo dell’informazione via WhatsApp.

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