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Anche male, purchè se ne parli, diceva un politico della Prima Repubblica. Ma – come dimostra il celeberrimo caso che ha fatto scuola nelle digital pr di Eni vs. Report – oggi la reputazione vale invece, almeno, tanto quanto la notorietà. Sulla notorietà riservata allo spot del Buondì Motta non ci è dubbio, vista l’eco mediatica ricevuta che sembrerebbe confermare che l’advertising è efficace quando è in grado di affrontare la sfida di stupire utilizzando armi non convenzionali (o quasi). Il dibattito resta tuttavia aperto sulla sua effettiva efficacia.
Il caso della mamma colpita dall’asteroide – o meteorite, dubbio che ha alimentato la discussione in rete sullo spot – al termine della pubblicità della merendina, è diventato in poco tempo argomento di discussione e condivisione sui social media, fino a scalare la classifica dei trending topics, ottenere oltre 1,6 milioni di visualizzazioni su Youtube in una settimana, per essere infine analizzato e scandagliato dalla carta stampata, che ha messo in campo fior di critici di comunicazione e costume a interrogarsi sull’opportunità dello spot.
Eh sì perchè – per chi non avesse visto il video – la pubblicità ha fatto notizia proprio per questo: per l’asteroide che colpisce e la mamma (poi anche il papà) che rispondendo alla richiesta della figlia di una colazione «che possa coniugare la mia voglia di leggerezza e golosità», risponde: «Non esiste una colazione così, cara. Possa un asteroide colpirmi se esiste». L’arrivo dell’asteroide – o meteorite – infuocato a incenerire la mamma viene replicato nel sequel dello spot in cui appare il padre, anch’egli colpito e affondato dal corpo infuocato.
Chiaramente in molti hanno calcato l’accento sull’aspetto più divisivo dello spot, ossia sull’“uccisione” della mamma da parte dell’asteroide: entrando così nel loop della pubblicità provocatoria, alimentandone l’effetto e l’efficacia oltre gli spazi adv acquistati presso i broadcaster tv.
Se molti hanno interpellato esperti, massmediologi, docenti universitari e gli stessi copy che hanno lavorato alla campagna pubblicitaria, pochi hanno monitorato la risposta del pubblico alla “provocazione” Motta. Almeno sulle piattaforme social, analizzate invece da Datamediahub che in questi giorni è andata ad analizzarei i commenti pubblicati dagli utenti di Facebook e Twitter. Pier Luca Santoro e Pierluigi Vitale di Datamediahub hanno processato circa 5500 commenti raggruppandoli in in quattro principali topic di discussioni sullo spot.
Il primo, caratterizzato dall’ironia, ha raccolto circa i due terzi dei commenti, il 64,3% per la precisione. «Sicuramente – dicono i ricercatori – in questo topic si dividono le posizioni pro-contro ma, a dire il vero, sono più i complimenti e l’invito [agli altri] ad accettare l’ironia, che altro».
Da rilevare come la seconda tipologia di commenti sia caratterizzata dall’auspicio che l’asteroide colpisca la bambina, in una sorta di sfogo iconoclasta mascherata da nemesi stessa dell’iperbole del messaggio pubblicitario. Un topic, questo, che raccoglie i commenti di chi ritiene fastidiosa l’immagina della bambina che presenta petulante alla madre una richiesta con un linguaggio davvero poco infantile («Vorrei una colazione leggera ma decisamente invitante, che possa coniugare la mia voglia di leggerezza e golosità»). Che non a caso è stata accomunata a uno dei classici social “Le frasi di Osho”, ossia espressioni banali e di uso comune espresse fuori contesto. I tifosi dell’asteroide hanno mobilitato il 19,2% dei commenti, uno su cinque.
Rilevanza inferiore, circa il 10%, l’ottiene il cluster che raccoglie i commenti che sottolineano il lato violento dello spot: «Una buona quota di commentatori – dicono Santoro e Vitale – fa riferimento a diversi prodotti decisamente in voga, dal più recente Game of Thrones ai sempre verdi Tom & Jerry e Willy il Coyote. Si tratta inevitabilmente di un modo per porre in evidenza come la tv abbia dei precedenti, quotati e di successo, di format deliberatamente violenti che non suscitano esattamente lo stesso tipo di reazioni indignate. In particolar modo, nel caso di Tom&Gerry e Wile E. Coyote, parliamo di cartoni animati e quindi, a differenza di Game of Thrones, rivolti a un pubblico non adulto». Non supera il 7% il numero dei commenti che sottolineano l’immagine da famiglia da Mulino Bianco dello spot.
In effetti il meccanismo della campagna del Buondì Motta è molto semplice e tradizionale, analogo a quello dell’uomo in ammollo con il suo claim storico: «Non esiste sporco impossibile» e ci inventiamo un modo estremo per proporvelo. Che sia un detersivo o una merendina poco cambia: l’importante è focalizzare l’attenzione del pubblico verso il punto di fuga: ecco il prodotto che esaudisce il più impossibile dei desideri. Un obiettivo assolutamente coerente con l’obiettivo di rilanciare lo storico marchio del Buondì Motta, dopo che negli ultimi decenni la casa dolciaria è passata più volte di mano, prima di essere rilevata da Bauli.
Con un cote in questo caso un po’ inquietante: il desiderio del bambino può essere esaudito dal dio consumo, più e meglio di quanto i genitori – inadeguati, scettici e per questo colpiti d’asteroide – possano fare. D’altronde la forza della procovazione, com’è noto, travalica l’ambito pubblicitario se si pensa all’offerta (supposta) seria di Carpisa che annuncia il sorteggi tra i propri clienti di uno stage di sei mesi per elaborare un piano di comunicazione per l’azienda. Che in questo caso, per ottenere visibilità, ha anche risparmiato sui costi della campagna pubblicitaria.
 

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