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Una bottiglia che potrà essere riutilizzata per vent’anni, riducendo le emissioni di un terzo e aumentando l’occupazione della fabbrica del 10-15%. Queste le fondamenta del “vuoto a buon rendere”, nuovo progetto ecosostenibile della Ichnusa


Entrando in molti bar della Sardegna è comune notare un usanza. A differenza di molte altre regioni e dei paesi nordici in cui aumentano sempre più i consumi individuali di piccoli formati, qui la birra è ancora prevalentemente un rito di offerta e condivisione collettiva legato ad un particolare standard, quello da 66 centilitri. Non è solo la condivisione però a differenziare i consumatori sardi da quelli “del continente”, così come vengono definiti sull’isola. La Sardegna ha infatti un consumo procapite di birra annuo di circa 61,7 litri, circa 20 litri sotto la media europea ma due volte la media nazionale, e ha sempre vantato un aspetto virtuoso legato alla bevanda di malto che purtroppo negli ultimi anni è andato perdendosi in favore delle leggi di mercato, ovvero il vuoto a rendere.
E’ partendo da questi assunti e dal proprio rinnovato spirito comunitario e di salvaguardia ambientale che l’Ichnusa ha deciso di reintrodurre una tale pratica attraverso una nuova bottiglia, riconoscibile dall’etichetta verde, la quale potrà essere riutilizzata fino a vent’anniriducendo le emissioni di un terzo. Un progetto che ha preso il nome di “vuoto a buon rendere” e che dai sondaggi è già apprezzato da 9 sardi su 10.

“Questo importante investimento sulla nuova linea rappresenta per il Birrificio di Assemini non solo un’ulteriore tappa nel percorso di crescita intrapreso, ma anche un’opportunità – spiega Matteo Borocci, Direttore del Birrificio di Assemini – Il reparto del confezionamento rappresenta, nel nostro birrificio, il reparto con il più alto numero di operatori. L’investimento con la nuova linea per rilanciare il vuoto a rendere favorirà nuove assunzioni, registrando un incremento tra il 10 e 15% dell’intera forza lavoro del birrificio.”
La nuova bottiglia riutilizzabile, oltre ad accrescere l’ecosostenibilità dell’impresa, porterà con se i segni del tempo -come per i vecchi libri che si trascinano dietro le storie e l’identità di chi li ha letti e vissuti – ambendo a ergersi ad esempio di pratica virtuosa anche in campo sociale. Il riutilizzo infatti, a differenza del riciclo, permetterà di ridurre maggiormente gli impatti sociali derivanti dal consumo di combustili fossili e, di conseguenza, anche dei conflitti legati al loro reperimento.
Questo messaggio è stato reso sotto forma artistica e simbolica attraverso la realizzazione di una scultura di più di due metri raffigurante la nuova bottiglia, interamente prodotta a freddo e senza consumi energetici, da scarti di fonti rinnovabili privi di polimeri petrolchimici e plastiche. Un prodotto definito “war free” dalla sua realizzatrice Daniela Ducato, innovatrice sarda e fondatrice di Edilzero, azienda leader nell’ecosostenibilità europea, la quale opera con oltre cento produzioni “bio” per edilizia, bonifiche, geotecnica, ingegneria ambientale e agrotecnica.

Quello di Assemini è il più antico birrificio presente in Sardegna, accoglie 84 dipendenti, si estende su una superficie di oltre 160mila metri quadri ed è circondato da un’area verde di oltre 15 ettari. La sua filiera cresce con la comunità e coinvolge oltre 2000 persone, generando un valore aggiunto diretto e indiretto sul territorio di circa 200 milioni di euro. La sostenibilità è un driver di crescita per l’azienda e una leva per il cambiamento promossa da numerosi progetti Heinekein, che negli ultimi anni hanno permesso al birrificio di Assemini di tagliare del 30% i consumi di energia elettrica e il 20% dell’acqua, portando l’impresa ad investire anche all’esterno della provincia cagliaritana e promuovendo azioni di tutela paesaggistica e ambientale sull’isola dell’Asinara.
Ovviamente la valorizzazione di un tale progetto non è priva di ostacoli. Lo Stato italiano ha rilanciato l’iniziativa del vuoto a rendere nel 2017 con un apposito decreto, mentre il Bel Paese si distingue in Europa per un alto tasso di riciclaggio del vetro, il quale supera il 70%. Tuttavia, non basta reintrodurre una nuova bottiglia all’interno di un quadro nazionale che pare abbastanza propizio, l’azienda pare cosciente del fatto che sia necessario prima di tutto “riabutare” distributori e consumatori a conservare e rendere i vuoti.
Una cosa è pero certa. Per anni abbiamo assistito ad una narrazione che raffigurava l’ecosostenibilità come poco vantaggiosa sul mercato, mentre progetti come questo sono l’ennesima dimostrazione di come tali pratiche possano rivelarsi oltreché un buon investimento sociale, comunitario e ambientale, anche un volano di rinascita economica, competitiva e occupazionale ovunque, soprattutto nei territori che maggiormente risentono la crisi come la Sardegna.

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